Qual è il fine ultimo della psicogenealogia? Molte persone si pongono questa domanda appena vengono a scoprire l’esistenza di questa disciplina così affascinante, complessa e forse un poco misteriosa.
Possiamo dire, cercando di sintetizzare il più possibile, che il fine della psicogenealogia è quello di andare a capire quali siano i traumi irrisolti, i compiti non conclusi, i lutti non elaborati, le esperienze non soddisfatte che sono entrati in una determinata discendenza.
L’effetto Zeigarnik
Quando un compito non è stato portato a termine, non ha trovato la sua giusta conclusione, si crea nella memoria famigliare un desiderio di completamento, una voglia di compimento che può portare a profondi disagi.
Questo effetto è stato chiamato “effetto Zeigarnik”, in omaggio al grande studioso Buma Zeigarnik che si è interessato a fondo di queste materie e che ha dato un contributo inestimabile alla psicogenealogia.
Il fenomeno in questione, l’effetto Zeigarnik spiega in maniera piuttosto dettagliata come le questioni irrisolte e i fatti non elaborati o conclusi riescano a nascondersi nella psiche collettiva o familiare per diverse generazioni fino a quando uno dei discendenti non li vedrà per quello che sono e, riconoscendoli, ne prenderà coscienza trasformandoli in atti simbolici che andranno ad attutirne l’impatto nella loro esistenza.
In pratica quando un antenato non ha concluso un’azione o un atto esso entrerà nel pacchetto di dati che viene trasmesso alle generazioni successive. La catena si interromperà soltanto quando uno dei discendenti prenderà consapevolezza dell’atto incompiuto e riporterà finalmente alla luce questa questione irrisolta e incosciente che ha ostacolato la vita di diverse generazioni.
La psicogenealogia riesce in questo difficile compito grazie ad uno strumento potentissimo che viene chiamato “albero psicogenealogico” e che si rivela estremamente efficace.
Ma che cosa è la Psicogenealogia?
Anne Ancelin Shutzenberger è universalmente riconosciuta come la “madre della psicogenealogia” ed è curioso ricordare che la parola “psicogenealogia” è stata utilizzata in contemporanea sia da lei che da Alejandro Jodorowsky, il grande regista, letterato ed esperto di tarocchi cileno.
L’approccio della Shutzenberger era però maggiormente incentrato sul metodo scientifico ed infatti ha sviluppato un sistema che si fonda sul genosociogramma. Questo strumento è in grado di far prendere coscienza di tutte le problematiche di una determinata famiglia, in modo da far emergere questioni irrisolte che si sono tramandate per più generazioni.
Questo sistema si basa su grandi fogli bianchi su cui viene riportata tutta la storia genealogica, andando a mettere in evidenza quando si ci si trova di fronte a date ripetute, ad eventi particolarmente rilevanti e che magari si ripresentano più volte, a scenari particolari, a lutti non elaborati… e a tutte quelle situazioni che possono essere entrate a far parte delle informazioni trasmesse alla discendenza.
Jung: l’anticipatore della psicogenealogia?
Carl Gustav Jung, psichiatra e psicoanalista svizzero, è stato senza dubbio una delle personalità più influenti della storia dell’occidente grazie al suo lavoro sull’inconscio e alle correlazioni che egli ha saputo trovare con altre discipline, studi e religioni.
Jung ha ipotizzato nei suoi studi che la nostra psiche sia influenzata non solo dal proprio inconscio, ma anche a un inconscio collettivo in cui sarebbero presenti i ricordi degli antenati. Questa ipotesi può essere considerata come un’anticipazione di tutto quello che sarebbe poi stato ipotizzato e scoperto dagli altri scienziati che hanno dato il via alla psicogenealogia anni dopo.
In tal senso una citazione di Carl Gustav Jung risulta particolarmente illuminante: «L’uomo è in possesso di molte cose che non ha mai acquisito, ma che ha ereditato dai suoi antenati. Il bambino alla nascita, non è una tabula rasa ma ha in sé tutto il patrimonio archetipico che verrà costellato in rapporto alle figure incontrate nella realtà concreta».
Pensiero junghiano e psicogenealogia junghiana
Analizzando a fondo il pensiero junghiano ci si rende ben presto conto che ci sono altri lati estremamente importanti che coincidono con i principi che decenni dopo guideranno la psicogenealogia.
Ad esempio il ruolo che Jung destina ai simboli e alle sincronicità risultano molto interessanti se presi in esame e confrontati con le teorie psicogenealogiche successivamente sviluppate. Quelle che infatti si potrebbero definire coincidenze significative tra un evento esterno e lo stato psichico della persona coinvolta, sono per Jung e per la psicogenealogia ben più di semplici coincidenze.
Da considerare inoltre che i simboli sono estremamente importanti nella stesura dell’albero psicogenealogico o genosociogramma. Infatti il come le persone rappresentino sé stesse (quadrato per gli uomini, cerchio per le donne), come si dispongano nei confronti dei genitori (più vicine o più lontane), con un simbolo chiuso o aperto, i rapporti di grandezza tra le figure presenti… sono tutti elementi che vengono considerati dal facilitatore e che gli consentono di comprendere più nel profondo la persona che si sottopone al trattamento.
Possiamo dunque definire “psicogenealogia junghiana” quel ramo della scienza perfezionata da Anne Ancelin Shutzenberger che allargano lo sguardo e prendono in considerazione orizzonti più ampi. Le sincronicità infatti, in questo tipo di approccio psicogenealogico, vengono considerate come informazioni che arrivano direttamente dall’inconscio e che vanno analizzate attentamente come si fa con il simbolismo presente nei sogni.
La presa di coscienza non basta
Come scritto in precedenza la presa di coscienza delle dinamiche famigliari è la base per ogni risoluzione delle problematiche, ma da sola non basta: è necessario infatti comunicare con l’inconscio mediante alcuni atti simbolici che aiutino a dare una conclusione, a portare a termine, quello che gli antenati hanno lasciato incompiuto. La presa di coscienza è dunque illuminante, ma è necessario che sia seguita da un atto che chiuda il cerchio e interrompa la catena che tramanda il problema da generazione a generazione.
In quest’ottica risultano estremamente utili le cosiddette “Costellazioni Familiari” che consentono alle persone di mettere in scena la storia della famiglia e alcuni momenti salienti. In questo modo si può andare a rendere omaggio alle persone dimenticate, a depositare una volta per tutte i fardelli, a lenire i dolori…
Solitamente questo “lavoro teatrale” viene messo in atto dopo avere identificato, attraverso la psicogenealogia, tutta la storia della famiglia almeno su tre generazioni. La messa in scena riguarderà soltanto gli atti necessari a risolvere l’ossessione o il problema che colpisce i discendenti.